Il medico dice : sette giorni. io ribatto : sono troppi. l’accordo. fino a lunedì. la gastrite. la promessa di un nutrizionista che sostituisca le mie crisi di burro. un no, tassativo e pesante sul cibo giapponese. mai più. sembra il finale di un horrore. niente latte. niente caffè. sta scherzando? nemmeno d’orzo. niente te. deteinato, può darsi. niente frutta, quella fermenta. niente fritto. niente yogurt. ok, magro e bianco non quello della muller quello non è yogurt è dessert travestito da prete. patate e carote, in quantità. non bastano i conati, i crampi allo stomaco, i capogiri, e via dicendo. adesso ho anche le allucinazioni. a letto vedo davanti a me un’enorme chicco di caffé, patinato con del burro caldo; con ai piedi della panna fresca e per occhio – dio mio – ha del sushi. non gli chiedo nemmeno la torrefazione. mi avvicino a soffocarmi con il cuscino. mi attendono mesi lunghissimi. chiedo aiuto. mi chiamo Samanta. e ho delle dipendenze.