Ho iniziato a scrivere, ad amare lo scrivere, alle medie. Avevo gli occhiali rosa, il cerotto, i vestiti a fiori. Ero strana. E spesso presa in giro. Ma nell’intervallo a volte qualcuno si avvicinava al mio banco e mi chiedeva di scrivere per lui una lettera d’amore. Allora lasciavo che “Matteo” parlasse in modo goffo di “Sara” e lo osservavo attentamente. Annotavo. E poi scrivevo. E Matteo metteva nella tasca il suo trofeo. E Matteo per qualche settimana smetteva di prendermi in giro. Anzi, mi sorrideva. Mentre accumulavo lettere d’amore dei miei compagni, io imparavo a vedere oltre le cattive parole ed i gesti di bullismo. Sapevo di essere volontariamente un capro espiatorio ma allo stesso tempo una sorta di principe cantastorie. Tutto quello che scrivo è biografia. Mia. O di altri. Perchè non c’è poesia più grande che quella in corso. Anche quella che fa male.