restavamo ciechi e con la schiena girata. lui tintinnava un campanello finché toccati finivamo a terra. le piante dei piedi combaciavano. il corpo accovacciato. il cortile della chiesa protetto dall’ombra del campo di grano. si sentivano soltanto i rumori sottomessi dell’ingranaggio. non ci eravamo mai guardati. ignoravamo le nostre fattezze. parlavamo così, per ore, una volta alla settimana finché scendeva abbastanza luce per alzarsi ed andarsene. senza girare il capo. senza sbendare gli occhi.
Samanta Cinquini
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