Cado. mi taglio il ginocchio. scende qualche goccia di sangue. la metto sulla lingua. ha un sapore acido e dolce. mi viene da piangere. e piango. ancora più forte, perchè piangere chiama altro pianto. allora prendo uno straccio. e lo premo sul graffio profondo. sento pulsare. adesso la gamba è calda. quasi avesse le formiche. non l’ho. mi sento sorretta dall’altra. in parte volo. sono un uccello ferito. si accendono le candele nella grotta e le schiene si piegano. stanno pregando. mentre io le guardo, e divento un tamburo. non ho paura a Lourdes. potrei mangiare tutto il mio sangue, e me ne resterebbe ancora nelle guance. divento santa. così. come fosse un gioco di magia. Ave Maria non ridere di me. allarga le braccia poichè possa finire di cadere e finalmente riposare asciutta sognando edere rosa nel mio giardino.
Samanta Cinquini
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