L’ennesimo trasloco. 33 anni e senza casa. Senza una relazione conforme alle norme della coppia. Senza nemmeno una sessualità ben precisa se non codificata dalla forma della pelle e della ciccia rosa tenue. Il desiderio malsano un incendio porti via tutto. La roba che non so come mettere nelle scatole. Alla fine sembra tutto fondamentale. Eppure se restiamo in assenza di ogni cosa – sopravviviamo. E la roba a cui siamo attaccati come fosse testimonianza del nostro trapassato vivere – si rivela adiacente. Non superflua. Adiacente. Cosi il nostro corpo, l’anima, il fato, i desideri, la traiettoria vengono coltivati come adiacenti. Non come “indispensabili”. Mi chiedo in queste notti di pioggia precoce, cosa c’è di indispensabile per me. Che chiama proprio me. Ad essere qui, sulla terra, e non altrove. Dentro una navicella spaziale, un loculo, o chissà quale marchingegno già inventato in qualche parallela dimensione. Si, mi chiedo cosa c’è di indispensabile per me. Che chiama proprio Me.
Samanta Cinquini
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