“seguimi. in Sardegna. poi si ritorna. a Bergamo”
“perchè?”
“perchè potrai fotografare tutte le notti ed ogni notte sarà diverso. io ti proteggerò. io poserò. hai paura?”
“no.”
le prime luci aprivano il cimitero al commiato. Sandy lo guardava gettare i fazzoletti appallottolati pieni di seme e sperma opaco. pulire con un aspirapolvere grandezza borsetta i sedili posteriori. e sorridere torcendo il collo – nessun imbarazzo ma un’enorme tenerezza acre. Sandy come la fanciulla mai avuta. Sandy come lolita urbana. Sandy come perversione inaspettata. ma Sandy non si sarebbe fatta toccare da quel meraviglioso peccato. lei aveva dei valori. lei era figlia di credenti. lei si trovava lì, soltanto per lavoro. Sandy scattava i posti dello scambio. Voleva assomigliare alla sua beniamina; a Nan Goldin. Sandy aveva sentito parlare del vialone e delle macchine posteggiate a buio fatto. Sandy aveva iniziato a guardare l’uomo appostata. lo aveva guardato a lungo, spogliare il ragazzino allegro accondiscendente con le lentiggini sul collo. dopo il fatto concluso veloce e muto si erano rivestiti e salutati. con cortesia. Sandy aveva fatto uno scatto buono, con il teleobiettivo di Mario. e l’uomo all’improssivo l’aveva raggiunta. un colpetto di tosse, il sopracciglio alzato e l’iride verde spiga.
“Corrado”
“Sandy”
“sei una fotografa?”
“una specie”
(…)
Sono le 8:35 minuti di Domenica. E Sandy non è tornata a casa.