Femminilitá e vocali

Finisce che resti donna per quell’ultima “a” perché tutto il resto batte in ritirata e genera indifferenza la tua enorme confusione. Così persino quel soave gesto d’amore viene raccolto con pigrizia e vorresti tagliare via i lunghi capelli, i cerchi, le mani, la vaga forma che ti rimane da toccare.

La campana dice festa…

Estraggo secco dallo stomaco. Il campanile (in torre) rimbomba ed acceca. Fuori sarà festa ma il custode già lava fazzoletti. Parla solo, pare pazzo e si crede ebbro. Ha preso gli abiti delle reliquie e si è parato Re. Lo riconosceranno quando il pane diverrà seme. Tornerà frumento. Ed io sto all’angolo del gorgo. Frastornata da tante chiese ed apparenti piazze. Non riesco a perder l’orecchio, l’occhio e l’ultimo osso diritto del costato. Sul filo funambolo accolgo l’inevitabile e mi faccio grembo in offerta.

Quando il manico é tagliente

Il limite. Sto dove gli altri entrano nel mirino. Così sento il canto delle sirene e lo stridore delle barche rovesciate. Fa male. Sentire ogni cosa. E non poter fare apparentemente niente. Anzi ingombrare il passaggio. Arriverà un giorno in cui saprò chiudere gli occhi. E fare lo spaventapasseri. Necessario al raccolto, ai bambini, all’ubriaco di notte. Ecco. Voglio essere uno spaventapasseri.

Come posso spiegarti chi sia

“come posso spiegarti chi sia. eravamo come sorelle. mi rubava i giocattoli. i miei erano sempre piu belli. per Lei. poi – quando si rompeva qualcosa – correva da me. ed aggiustava tutto. ogni pezzo fuori posto. c’era la consegna della merce presa. con il pianto. l’ammissione di colpa. eravamo come amanti. la sera sul cuscino ci davamo ad Orfeo con parole e carezze. Sapeva di resina, acqua e miele. Le raccontavo di altre torri e di possibili lieti finali. Eravamo come discepoli. fedeli ai nostri occhi. nel buio ci sapevamo trovare. e sempre nel buio ci sapevamo ricominciare. eravamo ogni aspetto – dai più terribili a quelli senza contenitore. non poteva che essere lei. ed io. così. come una maledizione dolcissima. per sempre”

Quando il diario, lo zucchero a velo, ed é ora di tornare

e per un attimo torno ai poster. ai giornalini con gli adesivi. alla chiave ottone sulla lingua del diario, e del cassetto. sorrido. cerco di ricordare com’era essere leggera quanto lo zucchero a velo. senza riflettere il dopo, l’orario del rientro, le braccia conserte della madre, l’orologio fermo, il bacio in piu, il vivere veloce. per un giorno – mi dissi – per un giorno soltanto dimentica tutto il resto e fai solamente ciò che vuoi. ci sali con me lassù? mi tieni se spingo indietro? me lo fai sentire il vuoto sotto di me ed io sopra? Mi fai una serenata? voglia di euforia e semini di anguria.