Luna Park di notte

Come sui tappeti elastici. Con lo zucchero filato. Il peluche vinto alla bancarella del tiro a segno. Un pesce liberato. I gettoni per l’auto scontri. I piedi nudi bordeaux. Le gote spinte. Le mani che si aprono. L’intera notte per festeggiare tutto. Ogni cosa possibile. Purché sia qui ed ora. Meraviglia e stupore. Ed un giorno (lontano) soffice memoria.

Il coraggio di stare in piedi

Abbiamo il perimetro di questa casa per scoprire dove si trova l’inizio. Tu vai avanti. Io controllo nessuno ci segua. Vengo. Saremo soli. E quando le giravolte faranno sollevare le fondamenta allora dovremo aver coraggio. Resteremo noi a sostenere la casa, la terra ed il cielo. Potremo scegliere ma ci sarà poco tempo. Restare. Oppure … oppure scomparire. Insieme.

Non mi lascio sola

Non biasimo. Mi perdono. Non corro. Rallento. Non guardo dietro. Apro la faccia. Non cado. Mi appendo. Non mi lascio sola. Mi accompagno. Non sono perfetta. Mi scopro. Non avere idee di me. Lasciami scorrere. Non urlo. Sono sottovoce. Non abbandonarmi. Ti cerco.

Vorremmo essere dei santi.

Diciamolo. Vorremmo essere dei santi. Ma siamo un poco dei Tommaso, dei Giuda, del terzo canto. Dalla Madonna abbiamo preso il velo, da Cristo le spine, dal buon ladrone le lacrime; da ogni sorta di Dio pagano o legittimo abbiamo preso il calice di vino, l’assenzio od il tócco di pane. Eccoci. Miserabili chiamati esseri umani. Nessuno è vinto oppure vincitore. Siamo pezzi di carne venuti dalla remota. Lasciamo i santi alla morte. Ricominciamo dai resti comuni.

Mi accade così, alle 6:37 di sentire il giudizio fare crac

Non sono mai stata una ragazza con le scarpe sul letto e le mani intrecciate alle amiche. La musica accesa, il telefilm, il fumo ed l’aroma degli indumenti più pesanti messi da parte. I genitori di qualcuno al pian terreno, gli orologi rotti, le parole sovrapposte e la bottiglia di Ceres nello zaino. Mi sono sempre chiesta come fosse il muretto. La piazza tardi. Il cameratismo dei fanciulli – quello senza perfidia e stupido in maniera bella. Così provo la nostalgia dell’ex snob. Dello pseudo intellettuale dopo i trenta. Provo persino la nostalgia per i bulli, le sbornie mancate, l’ora di ginnastica e come racconta Lei per le limonate contro le pareti della città. Mi accade così, alle 6:37 di sentire il giudizio fare crac. Non esiste un modo giusto – più nobile – di vivere. E senza conta. Senza barocco. Senza cattedre. Senza piacere per forza ai grandi. Senza. Chissà come sarà la nuova musica.