Il giardino ci bastava

siamo state un giorno, bambine. abbiamo baciato una mela, per i muscoli. ci siamo scambiate un foro di sangue, come nei film. l’altalena si è spezzata, il cane leccava la ferita; una rideva l’altra correva a prendere un panno di lino – non abbiamo mai pianto più del necessario, non abbiamo mai avuto più paura del dovuto, non abbiamo mai desiderato altro che il nostro giardino. io – se chiudo gli occhi – ricordo tutto mia giovane consorte – io se chiudo gli occhi ancora posso toccare il nostro cuore appiccicato.

Saturi del rotto, che sia il tempo del cucito?

“E finalmente dicono il postmodernism sia uno spettro degli scrittori senza dimora – adesso cosa viene? Dopo tutta questa immagine di vetrina – bella per carità ne ho fatto una crociata pur’io – pare che l’apparenza sia svalutata, per usufruire di una terminologia cool; allora cosa viene? Si dovrà tornare a fare come Geppetto e vedere in un tocco di legno nemmeno buono per il fuoco (quindi inutile oltre che morto) in realtà un bambino. Saturi del rotto che sia il tempo del cucito? Qualcuno oltre oceano lo chiama già neo – romanticismo. Che sia diamine! Se debbo finire in croce preferisco questa scritta e tu Maria … non temere … il bambino sta tornando a casa” CIT riflessioni di una teoria in coma

Quello che posso dedicare ad uno sconosciuto

ti desidero dedicare i giorni di bello, a te; estraneo d’oro nel letto con la medesima età e tanti aghi su per le braccia. quando mi sembrerà di avere poco, meno e niente allora vorrò dedicarti la stupidità, l’ingrato procedere della gara e gli attenti al lupo scaduti. ti desidero dedicare il tentativo, quello prossimo alla gioia.