La barchetta non diventa una carrozza

Ilenia. Ha pescato un grosso pesciolino. Boccheggia. La bocca estroflettibile non smette di sbattere. Una pagliuzza, d’oro pare, fuoriesce dalla mandibola. Sulla mano la pescatrice guarda la bolla di saliva rosso, gialla ocra. Rintocca la mezzanotte. La barchetta non diventa una carrozza. Il pesciolino parla. Parlerà fino all’alba. Ed Ilenia solenne resterà sull’orlo ad ascoltare. Con le braccia aperte, come fossero in atto di gloria. Un palmo verso l’alto che contiene il bolo prezioso. L’altro anche, stanco ma insigne che contiene il grosso pesciolino ed il suo canto rivelatore.

Nel tuo specchio ho imparato

talvolta bisogna sapere ridere. quel ridere però, che viene dalla nausea prima. quel ridere acre. quel neon sull’epiglottide. ricordo – ancora – di averla incontrata la prima volta nella Venezia della virtù, nella Venezia della disciplina e della formazione a tutti i costi per dolore e Lei ricordo come Bacco mi apparve già sbucciata, tagliata, e piena di succo così bella la sua stagione così fresca così vera così necessaria così tremendamente semplice e Lei mi rimise i denti da latte sotto al cuscino e li tolse dall’indifferenziata e Lei divenne me in un’istante me ed esattamente in quel momento io ricordai come si rideva. si rideva della vita. si rideva anche del cambiamento. del movimento. della nostalgia. del buco. del salto con la storta. delle mie zoppe ginocchia. grazie Silvia Gribaudi.

Ruolo di donna

dedicato ad una bellissima amica triste “Canto sotto la doccia alla Milano dei maschi che mi prendono il petto. Da essere giganti ad essere bambine sul pollice di Hansel. Siamo come storie della buona notte. Chiudi gli occhi finchè la luce resta ed io farò sembrare il buio l’alito di un bacio. Sulla fronte. Sul collo. Sulle mani.”