Nuda di convenzioni
Portami dove non resta niente della mia “buona civiltà”. Non indugiare. Rendimi complice del reato di libertà.
Portami dove non resta niente della mia “buona civiltà”. Non indugiare. Rendimi complice del reato di libertà.
È così. Noi siamo una marmaglia gloriosa di corpi finiti. Conosco uomini e donne capaci dei più grandi gesti d’amore. Gratuiti, incoscienti ed infiniti. Connessi a qualche altra ragione universale ed antica. E sono gli stessi uomimi, e le stesse donne capaci di piccolezze. Di farsi ridicoli dietro una pianta grassa. Di puntare il dito indossando soprabiti neri ed occhiali da sole. Di far scorrere la bocca perché la gola non ha digerito un boccone. Ma in fondo … fratelli e sorelle mie (e ci sono alla grande anch’io coinvolta nella lista bipolare di Caino ed Abele) … come dice un mio amico “si tratta di farsi la buccia”. E “ci vuole più leggerezza”. Allora non verrò giudicata per gli errori. Ma sarò compresa tutta. E si potrà contenere l’ossimoro senza perdere la direzione. E potrò indossare falli di plastica, parlare di epistemologia, guidare un gruppo, scrivere per l’Opera ed essere piena di iperbole. Senza perdere il riconoscimento alla marmaglia gloriosa di corpo finito che ben rappresento.
Perché vuoi tacere ogni parola detta con l’arrossire? Lasciarmi il dubbio d’essere stata una mitomane? Disegno nell’aria le linee che si alzano ed abbassano, che mi parlano dell’intorno del mondo per noi due.
Ho visto una donna che stendeva chilometri di seta e lino guardava attraverso faceva con la bocca le smorfie dei bambini succhiava dentro inspirava il sapone con l’indice diceva : “Venga …” I pistilli le stavano eretti sul petto Poi tornava accovacciata alla vasca di legno l’abito a fiori corto fintanto l’osso strofinava la spugna e parlava lingue incomprensibili con il mignolo diceva : “Toccami …”
Idiosincrasie dell’essere un esemplare adulta: – non posso (mai) dormire da sola (conseguenza eventuale : radicale trasformazione in un mostro terrorizzato quivi estremamente pericoloso) – ho bisogno almeno una volta al mese di distruggere la mia autostima (per renderlo possibile e credibile mi appello ad ogni segno interiore e-o circostante) – ho bisogno almeno una volta ogni tre mesi di credere realizzeró qualcosa di straordinario (il che è alimentato da film, cartoni animati ed una fervida immaginazione) – devo amare fino al vomito. Al cattivo buon senso. All’idealismo. Devo amare. Proprio devo. (Così quella sensazione di vuoto, o di troppo, o di carente permane costante ed imminente) – scrivo i miei stati più reconditi giocando a tortuose allegorie ma dicendo verità meglio che alla mamma. Trasformo il piatto e discusso social in un psicanalista d’avanguardia. Ma così non accumulo verbi. E non uccido. (Fine prima parte).