Per uno sguardo intatto

vorrei chiedere a mia madre, per davvero, cosa guarda con tremore. vorrei chiedere agli ultimi contadini, per davvero, cosa guardano per credere dopo la terra. vorrei chiedere agli ultimi, per davvero, cosa guardano per non lasciare. vorrei chiedere agli ignoranti, per davvero, cosa guardano per la fame. vorrei chiedere ai bambini, per davvero, cosa guardano con stupore. vorrei chiedere alle folle, per davvero, cosa guardano ancora. vorrei chiedere agli artisti, per davvero, cosa guardano davvero. vorrei chiedere ai sovrani, per davvero, cosa guardano per ridere. cosa è, cosa non è la poesia. l’arte. il sublime. l’infinito. l’assoluto. ed insomma, cosa è – questo affanno alla creazione. vorrei chiedere, a me, per davvero, cosa guardo con onestà.

I miei personaggi

mi avete chiamato Salomè perchè ho tirato fuori dalla borsa di seta un serpente ed ho i capelli rossi. mi avete chiamato Tiresia perchè ho ballato cieca e vi ho guardato davvero con le dita piene di sporco. mi avete anche chiamato bambolina perchè vi ho mostrato le pezze dentro la bocca dolente. e ritorno a casa, con meno paura. grazie.

Non vi lascio nessuna lettera

sono la prossima vittima. non vi lascio nessuna lettera. soltanto preparatevi. toccherà ad ognuno. a meno che. qualcuno dice “bisogna tornare alla storia”. allora sia la letteratura a tracciare lo stil novo di resistenza.

Pregavamo, bambine tra le anziane

“dietro casa mia, la casa di Via delle Rimembranze, la mamma mi mandava a pregare la sera. nel retrobottega di una boutique di paese. dove abitava la mia migliore amica. la signora più giovane ci dava le mentine bianche. stavamo in cerchio. le anziane parlavano a bassa voce e facevano andare tra le dita una collana. non ne sapevo niente. mi perdevo a guardare queste labbra tutte piegate andare a tempo e sollevarsi su e giù continuamente per un’ora e mezza. più o meno. io ed Aurora eravamo le uniche bambine. e ridevamo tanto tenendoci per mano.”