Il trasloco di Occam

L’ennesimo trasloco. 33 anni e senza casa. Senza una relazione conforme alle norme della coppia. Senza nemmeno una sessualità ben precisa se non codificata dalla forma della pelle e della ciccia rosa tenue. Il desiderio malsano un incendio porti via tutto. La roba che non so come mettere nelle scatole. Alla fine sembra tutto fondamentale. Eppure se restiamo in assenza di ogni cosa – sopravviviamo. E la roba a cui siamo attaccati come fosse testimonianza del nostro trapassato vivere – si rivela adiacente. Non superflua. Adiacente. Cosi il nostro corpo, l’anima, il fato, i desideri, la traiettoria vengono coltivati come adiacenti. Non come “indispensabili”. Mi chiedo in queste notti di pioggia precoce, cosa c’è di indispensabile per me. Che chiama proprio me. Ad essere qui, sulla terra, e non altrove. Dentro una navicella spaziale, un loculo, o chissà quale marchingegno già inventato in qualche parallela dimensione. Si, mi chiedo cosa c’è di indispensabile per me. Che chiama proprio Me.

Eccomi, imputata della veritá di una possibilitá

Se quella notte non avessi sollevato le coperte e parlato diversamente dal solito – sarei rimasta cieca alla sbagliata tensione di due corpi errati. Perché è di meno. Puttanate. La verità ci scorre come il sangue e basta alla propria scadenza. Come posso comprendere a questo punto la verità? Viene meno il tempo per sentire quanto non comandi. Resto da sola, esagerata davanti lo specchio, ad odiare ogni pezzo della mia femminea statura.

Dissolvenza

Sentirmi a disagio ovunque si sposti l’aria. Non comprendere che superfici abbia la casa. Una casa. Mancare di totale coscienza e venir meno persino ai chili accumulati. Sono come un battito di ciglia inespresso. Vaga il desiderio e si consuma. Prima d’essere nominato. Si consuma …

Il mondo é spezzato in due

La sensazione è quella di aver un organo fuori posto. Ingrassato. Prossimo all’attaccamento irreversibile. Povero cuore mio … Così ingenuamente dilagante. Non lo sa che ci sono gli altri organi e non c’è più “abbastanza spazio” per tutti e due. O resta il cuore. Oppure resto io.

Essere e avere (in morte di fratello hard disk)

  Sia. L’hard disk ha rotto una memoria lunghissima. Non avevo fatto backup. Ho perso il trapassato. Posso consumare parole così brutte da essermi ignote. Di base coincide quella sensazione di svuotamento. Ti divora la roba mentre se ne va. Eppure affiora anche quell’inevitabile alito di principio. Mi chiedo allora cosa c’è di “desiderato” – veramente desiderato nelle cose accumulate.