Ovunque tu

Vorrei urlare ai termini dell’afonia il tuo nome e nominare tutte le faccende del mondo con il tuo santo e dannato nome.

Inesorabilmente immersa nella vita

E vorrei non finisse, il tulle sotto le tue gonne. Vorrei che tutti i santi, che sono stati chiamati, ci rimanessero a lungo sulla pelle alzata. Vorrei arrivasse una gru, un furgone, un braccio meccanico ed un mago; e si facesse della casa con la polvere – una torre per gli uccelli, e gli uomini con le costole predisposte allo spicco. Vorrei guardarvi fino gli occhi che dimenticano. Vorrei la vita fosse qui. Paziente, inesorabile; che si prepara a Lucifero ed alle sue lacrime – perché ci sia anche e soprattutto per lui un fortino dove coricare le corna ed i mignoli. Vorrei fossimo urgenti. E senza idealismi davanti le flotte, le masse, le folle, le piene – davanti a chi non abbandona. Vorrei essere – con Voi – e da nessuna altra parte.

Incompiutezza di un paradiso germogliato in un affitto popolare

E’ accaduto in un letto per una persona. Nella stanza dei bambini con l’ottone ed il pomolo di Wendy. Qualche scatolone ancora alla rinfusa dietro l’armadio chiuso a chiave. La chiave pendente. Non sapevamo di poterci amare così. Infatti è stato troppo. Ed al primo stridore di pelle, il corpo già non ci stava più. Mi hai messo la testa contro il ventre, pareva volessi schiacciarla, rimandarla dentro. Come fosse già stata un poco anche roba tua. E dentro fa meno rumore, fa meno fraintendimento, fa meno presa di coscienza. Ma non ci entrava la mia testa, nel tuo ventre, sulla tua mano. Non ci entrava. Allora è rimasta cosi. Una testa vagante. In esilio. Con l’odore appena smunto e condizionale. Con il rancido per la realtà che resta. Monca.

Non ti bagnerai due volte nello stesso amore

Siamo stati un poco bambini. All’inizio dei sogni. Abbiamo guardato come si guarda alla sera, della vigilia, il cielo. Abbiamo preso la mano a chiunque ci offrisse un cannocchiale. Per guardare ancora più da vicino. Abbiamo avuto la fede dei primi. E degli ultimi. Abbiamo sbagliato per l’immaturità e l’incoscienza delle rotelle. Ed abbiamo gioito buttandoci a terra e dimenticando quanto fosse corta la gonna. Siamo stati un poco bambini. All’inizio dei sogni. Beati coloro che resteranno fanciulli. All’inizio dei sogni.

Per vedere del buono

Mi sono ricordata di Don Piero. La prima confessione. Mi prese la faccia fra le mani. Calde. E piene di acqua benedetta. Arsa negli anni di predica e ginocchia. Mi disse : “diventerai santa, bambina mia”. Me lo disse in un modo che non mi fece ne orrore, ne schifo, ne paura. Me lo disse con la speranza e la dolcezza di qualcuno che vede del buono. E punto. Senza chiese, croci, e preghiere del perdono.